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Libertà e fragilità: sviluppare competenze in un ambiente di lavoro insolito

Cura del cliente e orientamento ai risultati distingueranno i manager capaci di guardare avanti da quelli che si limiteranno a contare le perdite

di Chiara Succi *

(EPA)

4' di lettura

L'avvento dirompente dell’emergenza sanitaria causata dalla Covid-19 ha portato una rivoluzione all’interno delle aziende, dove stiamo osservando una serie di pratiche e comportamenti fuori dall’ordinario. I molteplici ostacoli incontrati nello svolgere il proprio lavoro da casa, stanno spingendo a rivedere drasticamente le attività lavorative ad ogni livello. Il lockdown ha tracciato un solco da ogni precedente esperienza e solo studiando i fattori chiave e le implicazioni manageriali di questo fenomeno potremo davvero prepararci ad affrontare il futuro.

Prima della pandemia gli studiosi lamentavano modelli di gestione obsoleti delle nostre aziende, incapaci di adottare approcci innovativi come l’agile e il lean management o l’olocrazia, per citarne alcuni. Sembrava che i manager si sentissero minacciati da team autonomi e in grado di autogestirsi perché, ai loro occhi, avrebbero potuto metterne in discussione la posizione, il potere e il controllo (Morieux, 2018).

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Con la diffusione del Coronavirus, i team hanno dovuto riorganizzarsi molto velocemente e i dirigenti hanno autorizzato il personale a prendere decisioni, con libertà e coraggio. Nella maggior parte dei casi, lo stato di isolamento e confinamento, che avrebbe potuto causare demotivazione, dispersione di energie e disorganizzazione, ha indotto i dipendenti a sviluppare un più alto livello di autoefficacia e cooperazione per raggiungere gli obiettivi fissati dall’azienda.

Inoltre, la fragilità e la precarietà di cui si sta facendo esperienza in questo periodo e la totale incertezza degli scenari futuri evidenziano quanto sia fondamentale vivere il tempo presente e dargli un significato (Rahola, 2020). Il senso di urgenza scaturito dalla crisi economica e la pressione finanziaria sulle aziende spingono a reagire in modo pragmatico e a cogliere opportunità concrete, se necessario cambiando direzione per soddisfare le esigenze contingenti.

Van Elsor e McCauley (2004) definiscono la sfida come il più efficace fattore di sviluppo. I manager devono ritrovarsi in circostanze in cui le proprie prospettive e capacità risultano inadeguate. Se non accade niente che possa spingerli a uscire dalla loro comfort zone, continueranno a mettere in atto le stesse strategie che hanno utilizzato fino a quel momento.

Nonostante le gravi perdite umane ed economiche, questa crisi rappresenta un’opportunità per osservare il modo in cui le persone reagiscono di fronte a eventi distruttivi e per esaminare quali capacità vengono messe in campo. Di fatto, dipendenti e manager hanno impiegato solo alcune settimane per sviluppare competenze che le aziende hanno tentato per anni di sviluppare in contesti formali.

In questo scenario così vulnerabile, in particolare le cosiddette soft skills diventano fondamentali per affrontare le numerose sfide a livello personale, sociale e metodologico.

Le due protagoniste assolute di questa emergenza sono la creatività (il processo che implica la creazione di prodotti nuovi, originali, utili ed efficienti) e il pensiero divergente (un processo cognitivo che mira a produrre un maggior numero di idee invece di cercare un’unica soluzione corretta - Runco & Jaeger, 2012). Questi due fattori vengono incredibilmente stimolati dalla necessità di generare idee innovative ed elaborare soluzioni alternative.

Naturalmente, occorre esaminare le competenze trasversali per l’equilibrio tra lavoro e vita privata (life-work balance skills), considerando la sovrapposizione tra la sfera personale e quella professionale che caratterizza questo periodo. Non è raro vedere gente che partecipa a una videoconferenza mentre cucina o gioca con i bambini.

Durante il lockdown, un’attenta gestione del tempo ha aiutato a risolvere i frequenti conflitti tra il lavoro e la nuova vita privata. Inoltre l’empatia, ovvero l’abilità di comprendere lo stato d’animo altrui e di mostrare un interesse attivo nei confronti dell’altro (Goleman, 2006), considerata una delle soft skill più difficili da sviluppare, è diventata di fondamentale importanza. Le emozioni e i sentimenti comuni, condivisi da persone che si trovano in luoghi diversi, hanno creato solidi legami capaci di annullare qualsiasi distanza fisica.

Le circostanze si evolvono molto rapidamente e l’adattabilità al cambiamento, ovvero la capacità di reindirizzare le proprie azioni per raggiungere gli obiettivi in una nuova situazione, è un requisito imprescindibile. Infine, l’attenzione per il cliente e l’orientamento ai risultati rappresentano le competenze che distingueranno i manager capaci di guardare avanti da quelli che invece si limiteranno a contare le perdite subite.

Questi eccezionali sforzi individuali non possono però durare a lungo. Dopo un primo approccio ottimistico e costruttivo, l’ansia e la fatica rischiano di sopraffare la possibilità di raggiungere i propri obiettivi e lo stress tende a compromettere la capacità di acquisire nuove competenze. Le aziende hanno bisogno di partire dai traguardi raggiunti dai propri manager e di creare un ambiente che possa supportarne le prestazioni.

Questa tendenza positiva potrà essere sostenuta solo se le aziende sapranno creare tre condizioni essenziali: lavoro flessibile, team agili e cultura dell’apprendimento.

Il lavoro da remoto è finalmente diventato realtà nella nostra società. I vincoli giuridici e gli strumenti tecnologici sono stati gestiti con successo per accelerare la possibilità di lavorare da luoghi diversi, ma adesso è importante rafforzare il processo e tutelare i progressi fatti finora. La futura esperienza dei dipendenti dovrà includere, infatti, il giusto mix di presenza in ufficio e smart working.

In secondo luogo, è emerso con chiarezza che ormai i team virtuali auto-organizzati rappresentano l’unità principale delle aziende. I leader sono chiamati a sostenerne lo slancio e trovare modi per collegare e coinvolgere il più possibile le persone. Favorire la responsabilizzazione e ridurre le restrizioni sarà indispensabile, anche un domani, per garantire l’efficienza e le prestazioni dei team che lavorano a distanza.

Infine, offrire continuità alla cultura aziendale è forse la sfida più grande con cui si dovranno fare i conti. La condivisione dei valori e dei processi decisionali è la chiave per rimanere orientati verso gli obiettivi e, durante la crisi, dovrà essere la priorità per tutti gli alti dirigenti. Bisogna mantenere viva e valorizzare la cultura dell’apprendimento, una cultura in cui ci si senta liberi di proporre idee, sperimentare soluzioni alternative e fare errori, proprio come è accaduto durante questa pandemia, al fine di costruire imprese sostenibili per il domani.

* ESCP Business School, Associate Professor of Organizational Behavior

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